mercoledì 23 gennaio 2013

3. Il Giardino dei Blackbone - II parte

Ai primi di luglio la casa era definitivamente risistemata e Nora pensò che un cane dal carattere dolce ma addestrato per la difesa era quel che ci voleva. Henriette all’inizio si mostrò perplessa per via dei danni che il giardino avrebbe potuto subire (i cani scavano, ripeteva) ma essendo Nora preparata a tali obiezioni passò un’intera settimana a sottolineare come due donne sole con bambini in una città sconosciuta fossero un ottimo bersaglio per ladri e malintenzionati in genere.
Sapeva che il carattere nervoso e pavido della cognata non sarebbe stato in grado di sopportare il minimo timore di un’aggressione e così le bastò mettere in evidenza tutte le notizie su furti e omicidi che riusciva a reperire presso amici e conoscenti.
Nel primo pomeriggio del 18 luglio 1870 Prince of Wales entrò nel giardino dei Blackbone scodinzolando e saltando intorno a Philip come un agnellino. Nora era andata a prenderlo dal cugino della signora Ananian, Pietro, che possedeva tre rottweiler, due maschi e una femmina. Il maschio più giovane era figlio degli altri due e avendo ormai quasi un anno e mezzo iniziava a competere con il padre per la supremazia nel branco. Cosa piuttosto pericolosa, perché prima o poi il cucciolone avrebbe sfidato a morsi il cane più anziano e Pietro non sopportava l’idea che uno mostrasse le zanne all’altro. Erano una famiglia, canina, ma pur sempre una famiglia. Così, durante un tè pomeridiano al quale erano state invitate anche Nora e Henriette, sapendo del loro progetto, Pietro aveva offerto Prince.

Era un animale massiccio e piuttosto bello. Con un cane così in giardino si potevano dormire sonni tranquilli. Henriette approvò distrattamente e Pietro capì che di Prince si sarebbe occupata Miss Blackbone. Allora le propose di ritornare ancora per quattro o cinque volte in modo da familiarizzare con il cane e imparare qualche semplice regola per farlo obbedire agli ordini.
“Un animale del genere va amato, rispettato e senz’altro guidato nel comportamento. Il rottweiler difende con energia il territorio e il branco. Non vorrebbe dovergli togliere dalle fauci pezzi di portalettere, vero?”
Nora cercò di nascondere il ghigno che involontariamente le aveva curvato le labbra.
Caro Prince, se ci fossi stato tu quella volta del visitatore misterioso, pensò, ci si sarebbe divertiti parecchio.
In poche lezioni Pietro le insegnò come far camminare Prince al piede, cioè vicino alla gamba sinistra del padrone e come farlo mettere nella posizione del seduto o a terra (che significano resta fermo lì e non ti muovere), posture comode quando per esempio si hanno ospiti ai quali si offrono i pasticcini, perché non tutti apprezzano un molosso bavoso che, sgranando occhi lacrimevoli, appoggia la testa sulle cosce del detentore del biscotto.
Questo animale è quel che mi ci voleva, si disse Nora durante il tragitto dalla villa degli Ananian a casa. Camminare con lui al fianco le dava un piacevole senso di sicurezza. Era un po’ come riavere un uomo in famiglia.

Prince of Wales giocò a palla con i bambini per tutto il pomeriggio. Nora era sempre vigile e osservava con attenzione il comportamento del cane. Il minimo incidente, un graffio a Isabel o Philip, avrebbe avuto ripercussioni incalcolabili sui nervi di Henriette, ma Prince si dimostrò estremamente equilibrato e in Nora aumentò la soddisfazione per la propria scelta.
Cenarono all’aperto. L’aria del tramonto era fresca e riposante dopo la calura di quella giornata e Giovanna, la governante, aveva preparato una minestra con il mais davvero ottima.
“Questo giardino è proprio un gioiello cara Henriette.”
Nora era rilassata e in vena di chiacchiere. Mrs. Blackbone sorrise compiaciuta. In effetti il giardiniere sapeva il fatto suo.
“Grazie. Vorrei più rose bianche ma ci penserò il prossimo anno” sospirò, poi si rivolse ai figli.
“Bambini, è ora di andare a dormire. Salutate il vostro diavolaccio a quattro zampe e andate con Giovanna, su!”
Le due donne rimasero sedute in giardino. Ormai era buio e le prime stelle occhieggiavano tra i rami dell’ippocastano. Prince sonnecchiava ai piedi di Nora ma all’improvviso, mentre Mrs. Blackbone ricordava l’odore soffocante del mercato principale di Damasco e contemporaneamente Nora pensava a quanto erano spettacolari i cumuli colorati sui banchi dei venditori di spezie, il cane incominciò a ringhiare.
All’inizio si sollevò sulle zampe anteriori ma in breve era all’erta e abbaiava come un forsennato in direzione della porta di casa. Nora e Henriette si scambiarono uno sguardo preoccupato. Le zanne di Prince vibravano sotto le labbra arricciate.
“Che cosa succede, diavolo di un cane!” squittì Mrs. Blackbone iniziando a sudare.
“Calma. Prince, seduto!”
Nora afferrò il collare del cane e lo strattonò con forza ma Prince continuò a latrare e ringhiare senza staccare gli occhi dalla porta.
Henriette, paralizzata dallo spavento lanciò di nuovo un’occhiata a Nora.
“I bambini…” ansimò. Poi, non riuscendo più a contenersi, proruppe in un grido “PHIL! ISABEEEL!”
A quel punto Prince partì come un masso lanciato da una catapulta. Lo videro entrare in casa e dopo qualche secondo fu Giovanna a gridare.
Quando Nora arrivò al piano di sopra si trovò dinnanzi una scena che non avrebbe dimenticato per molti mesi.
La governante era appiattita accanto alla finestra con le spalle al muro e fissava ad occhi sbarrati il centro della stanza di Isabel. La bambina, seduta a gambe incrociate sul tappeto, sembrava addormentata ma Nora si accorse che stava cantilenando qualcosa che non riusciva a comprendere. Sulla piccola piovevano gocce nere e quando Miss Blackbone sollevò il volto per vedere da dove venissero non riuscì a trattenere un urlo di raccapriccio. Phil era incollato al soffitto. Le gambe e le braccia erano divaricate e la camicia da notte pendeva verso la testa della sorella convogliando a mo’ di foglia di palma un liquido scuro che sembrava proprio sangue.
Nora vacillò ma riuscì a rimanere in piedi. L’unico appiglio vagamente razionale che la sua mente sconvolta trovò in quel momento fu chiamare Prince of Wales con quanto fiato avesse in gola. Il cane latrò ma lei non riuscì a capire dove fosse finito. Solo dopo un paio di minuti nei quali quella scena da incubo sembrava aver congelato tutti come insetti nell’ambra sentì il muso dell’animale che le sfiorava una gamba. Le stava dietro tremante, guaendo disperato e raspava furiosamente con le unghie sulle assi di legno del ballatoio. Nora si voltò e l’ultima immagine che i suoi occhi percepirono prima che il cervello la lasciasse svenire fu la sagoma giallastra di un uomo che fluttuava nel buio.

(continua)

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